La mia persona

PersonalitàParlare obiettivamente di se è un’impresa alquanto difficile, ed è ovvio porre enfasi sugli aspetti positivi e le virtù. Se il fine è dare un’immagine positiva non è certo parlando dei propri difetti che lo si può raggiungere, è poi improbabile che qualcuno si lasci attrarre dall’onestà dimostrata nel descriverli. Cercherò quindi di parlare della mia persona da un punto di vista prevalentemente professionale spiegando approfonditamente anche attraverso le esperienze vissute i tratti caratteriali che la definiscono.

  • Solide basi tecniche:
    La cultura scolastica deriva dalla maturità tecnica con specializzazione nel settore meccanico. La scelta non è stata casuale ma dovuta al mio interesse, dimostrato  fin da piccolo, per la meccanica, gli automatismi e la curiosità per il funzionamento delle cose in particolare quelle dotate di movimento. Tra parenti e genitori c’era di tutto per creare un imprinting: disegnatori, modellisti, meccanici, impiantisti, manutentori e officine meccaniche dove da adolescente trascorrevo i fine settimana o una parte delle vacanze estive.
    Sebbene inizialmente mi sarei accontentato di diventare un buon disegnatore tecnico, quando ho avuto la possibilità di toccare con mano un “calcolatore” che tramite azionamenti faceva funzionare una macchina, il mio cervello ha fatto subito un collegamento: il “Lego evoluto” degli adulti ! Da qui la passione e l’impegno per acquisire tutte le nozioni necessarie per diventare progettista con forte interesse verso l’automazione industriale e tutti gli aspetti impiantistici di supporto.
  • Capacità organizzative:
    Per quanto possa sembrare banale, all’età di 8 anni ho soddisfatto un desiderio abbastanza comune per i ragazzi di quei tempi (anni ’70): servire Messa.
    Essendo una parrocchia di città il gruppo chierichetti era di dimensioni rilevanti e pertanto nulla era affidato al caso ma gestito ed organizzato. E’ stato l’inizio di un’esperienza formativa sotto molti aspetti che mi hanno permesso, oltre a quanto previsto dalle istituzioni scolastiche o sportive per quell’età, di frequentare un ambiente gerarchico ed organizzato. Il mio contributo si è protratto finché gli impegni di lavoro me lo hanno consentito assumendo col tempo cariche e mansioni formative e di responsabilità.
    Un comunità parrocchiale di tali dimensioni, sostenuta esclusivamente dalla volontà delle persone, richiedeva ed offriva notevoli possibilità di partecipazione quindi per me è diventata anche il contesto  dove sviluppare la personalità, vedere valorizzate le mie attitudini e riconosciuti le mie capacità e contributi:
    A partire dall’adolescenza per qualche settimana durante le vacanze scolastiche prestavo servizio nel campo-scuola estivo, inizialmente con mansioni di supporto, successivamente, con il sopraggiungere della maggiore età, in totale indipendenza fino ad assumere la piena responsabilità dei servizi da me svolti: approvvigionamento alimenti (fino 90 coperti al giorno), cucine, manutenzione.
    Nota particolare l’ubicazione: Il campo si svolgeva in un gruppo di baite in quota dove non esistevano servizi accessori (luce, gas, riscaldamento ed acqua corrente) ma era gestito in completa autonomia sfruttando esclusivamente quanto offerto dalla natura.
    All’età di 20 anni sono stato accettato nel gruppo adulti dove ho avuto la grandissima opportunità di frequentare ed imparare da persone molto più grandi di me non solo tematiche pratiche ma anche formative, sociali ed organizzative inerenti l’intera comunità.
  • Empatia:
    La capacità di “interfacciarsi” con le persone e la volontà di comprenderle nella loro singolarità quindi di trattarle non semplicemente come presenze o risorse, derivano da una propensione naturale (emotività), dal contesto e dalle esperienze vissute (vedi sopra), dall’educazione ricevuta ma in particolare dalla consapevolezza, dalla comprensione e dalla volontà di sviluppare e migliorare questa caratteristica (intelligenza emotiva). Non è quindi difficile immedesimarmi nelle persone, valutare le possibili conseguenze delle interazioni non solo dal punto di vista pratico (azione, reazione) ma considerando soprattutto le ripercussioni nel contesto ed a lungo termine. Capire le persone, in ambito professionale, vuol dire considerare in primo il loro valore umano/professionale positivo e cercare di svilupparlo, quindi gestire razionalmente i rapporti difficili dovuti alla componente caratteriale col fine di discriminarli per ottenere una proficua collaborazione. Almeno in ambito professionale sono convinto che non esistono persone “cattive” ma principalmente persone in qualche modo deluse o senza obiettivo o peggio incomprese. L’empatia si “conosce” a livello accademico, ci si può impegnare al massimo per simularla ma i risultati migliori, come in tutte le cose, li si ottiene se esiste una predisposizione personale che comunque va sviluppata.
  • Passione:
    E’ abbastanza ovvio che nella maggior parte dei casi si lavora per necessità ma se si ha la fortuna di esercitare una professione che da la possibilità di “giocare” con i propri hobbies, di dar sfogo alla creatività, di sperimentare e di imparare continuamente qualcosa di nuovo subentra una forte componente: la motivazione. Quando il lavoro non è subìto diventa una passione, parte integrante e complementare della propria vita: io ritengo di avere questa grossa fortuna. Sappiamo tutti che il lavoro è spesso fonte di frustrazione specie se ci si aspetta di ottenere riconoscimento dagli altri; essere in grado indipendentemente di ricavare soddisfazioni da quello che si fa, vuol dire sapersi riconoscere e continuare a crearsi degli stimoli. Per quanto sia facile pensare che poter dormire alla mattina, non dover fare le cose di corsa, non dover affrontare delle scelte o situazioni difficili faccia comodo a tutti, dal mio punto di vista una vita poco attiva e senza traguardi è frustrante e limitante. Certamente non vivo per lavorare ne i miei unici argomenti di discussione sono esclusivamente legati al lavoro ma la vita personale e quella professionale mi piace pensarli come complemento una dell’altra. Ad esempio può succedere che durante i momenti di svago possono venirmi in mente interessanti idee o soluzioni, come anche la propensione ad instaurare rapporti umani e non strettamente professionali è mutuata dal desiderio di creare sul lavoro un ambiente piacevole da vivere. Esiste un unico netto confine: i problemi.
  • “Gioco ancora col PC”:
    Ho iniziato a giocare col PC negli anni 80. Rubando certamente qualcosa all’ambito delle relazioni umane ma senza aver contribuito alla creazione del termine “nerd”. Il computer è diventato uno strumento parte integrate della mia vita quanto lo può essere la penna per scrivere, un paio di occhiali oppure l’automobile. Nel mio caso oltre ad essere un irrinunciabile strumento d’uso quotidiano è in buona parte anche uno strumento ludico e di cultura. In quest’ultimo senso usato con le dovute precauzioni e sempre consapevoli dei limiti, scoprendolo ci si rende conto che può essere un eccellente complemento della vita di ognuno. L’uso del PC da un punto di vista ludico ha portato notevoli evoluzioni anche da un punto di vista sociale e per tanto sono diventato anch’io un frequentatore di social-network (professionali e non). Lungi da considerarlo un surrogato dei rapporti umani, ritengo offra delle possibilità sino a qualche tempo fa impensabili per avvicinare e tenere unite le persone. Non ultimo; qualsiasi sistema che permetta di frequentare la rete offre un’infinità di opportunità di cultura, di aggiornamento e di approfondimento di quasi tutte le tematiche. Usandolo come una biblioteca permette di raccogliere nell’unità di tempo molte più informazioni di quanto si potesse fare qualche tempo fa con ore o addirittura giorni di ricerche ed il tutto ad un prezzo decisamente contenuto. Internet è di tutti e pertanto anche le informazioni che si possono reperire sono di tutti i generi e per questo lo ritengo un ottima possibilità, con opportuno confronto, per esercitare la propria:
  • Razionalità ed obiettività:
    Impegno ed esercizio quotidiano finalizzato ad avere sia un quadro della situazione il più reale possibile sia per poter reagire alle differenti problematiche non d’ impulso ma ponderatamente. Non è facile equilibrare l’emotività necessaria nei rapporti umani, con la razionalità richiesta affinché non prendano il sopravvento i sentimenti nei confronti dell’obiettività. Ed analogamente contrastare la tendenza a curare molto più la forma del messaggio piuttosto che il contenuto, anche manipolandolo al fine di renderlo idoneo o meglio piacevole al destinatario. Non ultimo ognuno di noi poi ha il dono della libera interpretazione e quindi la possibilità di aggiungere all’informazione delle colorazioni personali. Dove ovviamente non è possibile valutare attraverso i numeri, per forza di cose si ricorre anche al messaggio verbale e sulla base di questo ci si trova a dover prendere delle decisioni che facilmente possono venir influenzate dall’umore trasmesso. Questo in ambito aziendale (e nel mio caso anche nei normali rapporti) non deve avvenire. E’ importante mettersi continuamente in gioco chiedendo ripetutamente feedback. Ottenere giudizi da chi ci vede indipendentemente dai risultati da la possibilità di ottenere sempre nuovi stimoli di riflessione e miglioria.
  • Carattere:
    << Rigorosità e determinazione tipica delle mentalità elvetiche e teutoniche mal col cuore di italiano. >>

    La prima mi viene riconosciuta da chi mi conosce e spesso viene usata come critica: determinato e noiosamente meticoloso. Io mi giustifico sostenendo che sono di poco al di sopra della media ed è per questa ragione che viene notato. La determinazione è per me una forma di motivazione: devo raggiungere a tutti i costi il risultato che mi prefiggo.
    Dai popoli del nord sicuramente ho attinto la necessità di programmare a priori ma il cuore italiano ed anche ovviamente la mentalità mi forniscono la “filosofia” per affrontare i problemi con positività, la fantasia e l’intraprendenza per divincolarmi tra gli imprevisti.
    Soffro di noia e questo mi porta ad essere iperattivo. Non sopporto le situazioni statiche e monotone pertanto cerco sempre di trovare qualcosa di nuovo con il quale confrontarmi a costo di crearmi delle difficoltà.
    Non sopporto le persone negative ed in particolare quelle che si lamentano senza proporre. Per quanto sia definito “brontolone” (… perché meticoloso …) se decido di lamentarmi è perché ho in mente un’alternativa da proporre a mio parere migliore.
    Sono comunque convinto che anche il “piagnisteo” nasconde un messaggio che semplicemente richiede maggior attenzione per essere interpretato.
    Merita un’ultima precisazione la meticolosità che nel mio caso non si tratta della ricerca della perfezione assoluta ma del miglior compromesso senza eccedere nel superfluo o comunque senza andare oltre la necessaria massima funzionalità.
  • Leadership:
    E’ un po’ la logica conseguenza di alcune delle caratteristiche sopra elencate. Non sono troppo convinto che sia una qualità da poter imparare ma piuttosto che debba esistere come base una predisposizione naturale o comunque una serie di atteggiamenti che portino ad attirare l’attenzione di chi ti sta vicino fino a farti diventare un riferimento. Dal mio punto di vista occorre in primo luogo sapersi assumere la responsabilità sia delle proprie azioni che delle proprie scelte. Ovviamente occorre saper effettuare le scelte. A seguire ho imparato che le persone che trasmettono volontariamente la propria esperienza soprattutto mentre aiutano a superare le difficoltà hanno più possibilità di essere prese come riferimento. E’ importante non solo aiutare ma trasmettere le informazioni necessarie per poter risolvere indipendentemente le successive difficoltà.
    In fine la capacità di unire le persone: unirle a se interessandosi di ognuno ed unire tra loro evitando in tutti i modi che si vengano a creare situazioni conflittuali. Non credo esista un metodo per fare gruppo, piuttosto la capacità di proporre obiettivi motivanti e suggerire ad ogni persona il percorso per raggiungerli, ovviamente aiutando dove subentrano difficoltà. Quindi anche l’incondizionata disponibilità verso il prossimo e magari non solo in ambito strettamente professionale, contribuisce a creare un’immagine di riferimento.
    Per concludere una buona dose di umiltà e la correttezza nel rispetto delle regole.